Nello studio Food and Bioproducts Processing, i ricercatori dell’Università statale dell’Oregon sono partiti dagli scarti della lavorazione delle mele utilizzate per la realizzazione dei succhi.
Tali scarti rappresentano circa il 30% del loro peso e solitamente sono riutilizzati come compost o mangimi per animali. Lo studio ha mostrato che è possibile trasformarli in materiali di largo consumo come il packaging alimentare.
Gli scarti provenienti dalle mele erano ritenuti troppo permeabili all’acqua per poter essere impiegati a diretto contatto con cibi e bevande, ma i ricercatori sono riusciti risolvere il problema incorporando polimeri e composti con caratteristiche per migliorare la resistenza all’acqua come la lignina (proteina lignea a sua volta proveniente dagli scarti del rabarbaro), il chitosano (un polimero a base biologica che si ricava dall’esoscheletro di crostacei e insetti) e piccole dosi di glicerolo (composto organico spesso aggiunto ai materiali per renderli più morbidi e flessibili) e applicando rivestimenti super-idrofobici alla superficie del prodotto. I ricercatori hanno rapidamente brevettato il metodo e il prodotto ottenuto, anche perché si stima che il mercato degli imballaggi sostenibili andrà incontro a una vera esplosione.
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Un secondo studio, pubblicato su Chemical Science, ed eseguito dai ricercatori del Politecnico Federale di Losanna e dell’Istituto di ingegneria dei sistemi dell’Università delle scienze applicate della Svizzera occidentale di Valais, ha prodotto un risultato diverso.
Attraverso il riscaldamento di bucce di banana con lampade allo xeno (fotopirolisi) sono riusciti a produrre un prezioso syngas (una miscela di gas che contiene monossido di carbonio, idrogeno e metano) da usare come fonte di energia, e di un materiale organico chiamato biochar composto da carbonio poroso che, a sua volta, può essere bruciato, o usato come fertilizzante.
Fonte: ilfattoalimantare